L’eco-design da solo non basta per spingere il mercato verso la circolarità. Passare a un’economia circolare implica un cambiamento dei modelli di business.
La circolarità è in cima alle agende di molti Brand in ambito Fashion e articoli sportivi, alla ricerca di modalità per ridurre i propri impatti e rispettare gli impegni presi in materia di clima, biodiversità, acqua e rifiuti. Le opportunità abbondano, ma allineare il Business ai limiti planetari avrà meno a che fare con il cambiamento incrementale, quanto piuttosto con l’innovazione, il modo in cui i marchi sfideranno i loro attuali modelli di business per plasmare un nuovo futuro per la moda. Questo è il terzo di una serie di articoli (leggi anche qui e qui) che esplorano i diversi approcci per la trasformazione a livello di sistema nel settore.
In sintesi
- L’attuale modello “prendi, produci, getta” non è sostenibile se vogliamo vivere entro i limiti planetari.
- Ma la circolarità non è una formula magica. La sostenibilità deve essere integrata in ogni fase del ciclo di vita di un prodotto.
- Molte aziende adottano i principi dell’eco-design o si servono di analisi LCA per ridurre il loro impatto. Passare a un’economia circolare presuppone un cambiamento dei modelli di business.
- La circolarità non può essere un obiettivo isolato, ma anzi deve essere pienamente integrata nella business strategy generale e allineata agli impegni ambientali a lungo termine.
Negli ultimi tempi “circolarità” è diventata parola d’ordine negli ambienti in cui si parla di sostenibilità. Il perché è ovvio: creare “prodotti ben progettati, che generano meno rifiuti e durano di più”, per riprendere la definizione della presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, rappresenta lo standard di riferimento per un business responsabile.
Ricapitolando: l’approccio circolare si basa sulla considerazione dell’intero ciclo di vita dei prodotti. Significa pensare alla durata della vita di ogni articolo e a come potrebbe diventare o meno un rifiuto in futuro. Significa realizzare prodotti che possono essere riutilizzati, riparati o riciclati al termine della loro vita utile. Ma, ancora di più, significa diminuire l’impiego di materie prime, disaccoppiando lo sfruttamento di risorse dalla crescita e cambiando radicalmente i modelli di business.
Tuttavia, la circolarità non è una formula magica e non dovrebbe essere vista come una panacea, la risposta a tutte le nostre sfide ambientali. Le aziende non possono limitarsi a sviluppare un portafoglio di prodotti sostenibili, che già di per sé è un’impresa enorme, ma devono integrare la sostenibilità in ogni fase del ciclo di vita dei prodotti. Questo è l’unico modo per assicurarci che l’eco-design porti alla trasformazione di cui abbiamo bisogno nei brand e nei settori.
Il modello lineare non funziona più
Quindi, perché è così essenziale adottare un approccio circolare? L’attuale modello lineare “produci, usa, getta” non è sostenibile se vogliamo vivere nel rispetto dei limiti planetari, ovvero il quadro di nove parametri definito dallo Stockholm Resilience Centre (SRC) entro il quale l’umanità può continuare a evolvere e prosperare per generazioni. Il superamento dei limiti planetari è foriero di conseguenze dannose per l’umanità.
Attualmente le nostre economie sono dominate da modelli di business lineare. In tutta l’Unione europea, solo il 12% delle risorse e dei materiali secondari viene reimmesso nell’economia. “Molti prodotti si rompono troppo facilmente, non possono essere riutilizzati, riparati o riciclati o sono fatti per essere usati una volta sola”, spiega Frans Timmermans, vicepresidente esecutivo per il Green Deal europeo. “Per le imprese e per i consumatori si tratta di un enorme potenziale inespresso”.
Molte aziende hanno accettato la sfida, applicando i principi dell’eco-design per ridurre l’impatto ambientale dei loro prodotti nelle diverse fasi della loro vita. Alcune stanno modificando le loro scelte in fatto di materie prime, per renderle più durevoli. Altre si concentrano sul fine vita, altre ancora sulla fase di utilizzo. Ad esempio, nel settore food l’attenzione si focalizza sull’upcycling (usare come materia prima cibo che altrimenti verrebbe gettato). Nel fashion, vari brand stanno cercando di realizzare indumenti che necessitino di essere lavati meno. In ambito cosmetico, gli sviluppatori di prodotti stanno sperimentando i trucchi “leave-on”.
Ma l’eco-design da solo non basta per trainare i mercati verso la circolarità, specialmente se applicato in maniera frammentata. Passare a un’economia circolare implica un cambiamento dei modelli di business. Impone alle imprese di ripensare non solo i loro prodotti (cosa si offre e come lo si produce), ma anche le loro attività di marketing e il modo in cui interagiscono con i consumatori e con gli altri soggetti chiave lungo la catena del valore. Le aziende di tutti i settori stanno adottando un approccio metodologico che consenta di raggiungere la circolarità, mappando i cicli di vita dei loro prodotti attraverso metodi provati e testati di Life Cycle Assessment (LCA) per quantificare e delineare l’impatto di ogni fase di produzione. Un’analisi del ciclo di vita ben fatta può aiutare le imprese a realizzare meglio ambizioni e obiettivi di lungo termine, evitando di trasferire semplicemente le responsabilità e assicurando che gli impatti difficili da misurare non vengano ignorati.
Una questione complessa ma cruciale
Raggiungere la circolarità è un’impresa tutt’altro che semplice. Innanzitutto può essere problematico dal punto di vista tecnico, in particolare per determinati prodotti come il cibo fresco. Alcuni modelli circolari possono perfino generare perditedi materia prima; inoltre, la circolarità può porre delle sfide sociali e culturali, sia per i lavoratori che per i consumatori.
Il passaggio a un sistema circolare richiede una vera e propria svolta della cultura aziendale, il che non è mai semplice. Cambiare le modalità di progettazione dei prodotti significa che i team devono integrare nuovi vincoli, nuove conoscenze e nuovi strumenti nel loro lavoro quotidiano. Modificare i modelli di business per prodotti di nicchia o nell’ambito di un progetto pilota è un conto, ma estendere tale processo a interi portafogli può costituire una vera sfida.
Perché bisogna pensare anche ai consumatori. Il semplice fatto che un marchio abbia creato prodotti o servizi circolari non significa che gli acquirenti li sceglieranno e ne saranno entusiasti. Per far sì che le persone cambino mentalità servono incentivi e un’azione continua di sensibilizzazione. Nel settore cosmetico, la questione della circolarità viene affrontata principalmente attraverso il packaging. Si rendono i prodotti riutilizzabili dando ai consumatori la possibilità di riempire di nuovo i contenitori, uno scenario reso ancora più complicato dagli aspetti igienici, sanitari e logistici.
Nella moda l’attenzione è rivolta perlopiù al design, in particolare alla selezione dei materiali giusti e alla progettazione incentrata sulla durabilità, in modo che i capi possano essere riparati, rivenduti o rigenerati. Tuttavia, nella migliore delle ipotesi, il recupero e il riuso delle fibre di per sé raggiungerebbe una riduzione del 10% delle emissioni settoriali nella più ampia catena del valore della moda. Nei prossimi anni, il settore deve ottenere una riduzione del proprio impatto di una portata tale da essere possibile solo combinando diversi elementi: un maggiore flusso circolare dei materiali, una rapida transizione verso fonti energetiche rinnovabili, un incremento significativo nell’efficienza dei processi di produzione e un design intelligente.
Alla ricerca di un delicato equilibrio
In ultima analisi, instaurare un sistema circolare è una questione di equilibrio e le aziende devono accettare e riconoscere che la circolarità non sarà sempre vantaggiosa in termini di costi. Tuttavia, sta a loro sfidare lo status quo e puntare a risultati ambiziosi.
L’obiettivo non dovrebbe mai essere di creare un sistema circolare fine a se stesso, bensì di cercare soluzioni e compiere azioni che minimizzino l’impatto ambientale e massimizzino la creazione di valore sostenibile. Questo significa che non bisogna mai incastrare per forza i principi della circolarità in un sistema pensato per l’economia lineare, altrimenti si rischia di incorrere nei cosiddetti effetti rimbalzo o “rebound effect”. Se ad esempio si crea un flusso logistico esteso per recuperare materiali che alla fine della loro vita non si trovano in un luogo specifico e inviarli ai centri di riciclo, con ogni probabilità, la carbon footprint di questo processo supererà in modo significativo quella necessaria alla produzione di nuovo materiale grezzo. Un altro esempio sul punto potrebbe essere rappresentato da un sistema di ritiro che però finisce per accorciare il ciclo di vita di un prodotto, incoraggiando così il sovraconsumo.
Ripensare da zero: tre elementi essenziali per trainare il cambiamento verso un modello circolare
Ogni azienda deve:
1. Coinvolgere i consumatori per promuoverne la consapevolezza
La mentalità dei consumatori, espressa dai loro comportamenti, è il punto di partenza dei sistemi di consumo circolari. Ciò che conta per i marchi è stimolare i consumatori a confrontarsi con modelli di acquisto diversi, provare nuovi prodotti e sperimentare nuovi modi di comunicare con i brand. Questo perché molte delle strategie proposte per far entrare i materiali in cicli tecnici (riuso, riparazione, ripristino e riciclo) dipendono dalle decisioni degli utenti, in particolare nella moda. Ricordatevi che un comportamento circolare spesso non è ancora radicato negli schemi di consumo e che l’adozione soluzioni circolari dipende dal superamento delle barriere culturali.
Ricordando che la circolarità offre molteplici punti di contatto con i consumatori per coinvolgerli, richiamare l’attenzione su cosa è importante e creare relazioni più profonde e dinamiche.
2. Prendere in considerazione l’ecosistema più ampio, in cui l’autorità di regolamentazione ha un ruolo fondamentale
L’autorità di regolamentazione avrà sempre più importanza nel promuovere uno scenario che semplifichi la transizione verso la circolarità. Il nuovo Circular Economy Action Plan europeo intende “rendere la circolarità la norma nelle nostre vite e accelerare la transizione ecologica della nostra economia”. Le leggi e le politiche che ne deriveranno contribuiranno a instaurare un mercato delle materie prime secondarie e a offrire alle imprese incentivi adeguati per accelerare la loro transizione verso la circolarità, quale, ad esempio, la riforma della tassazione ambientale.
Le normative consentiranno anche comunicazioni più corrette, chiare e specifiche in un momento in cui la fiducia dei consumatori è una valuta incredibilmente preziosa, riducendo gli episodi di greenwashing.
3. Sfruttare la Supply Chain e sposare la digitalizzazione e l’innovazione tecnologica
Adottare una mentalità circolare richiede di intraprendere azioni tese a trasformare modelli di business e operation. Permette di prendere decisioni a lungo termine e di focalizzarsi sull’innovazione per raggiungere obiettivi nel lungo periodo. Qualsiasi trasformazione del portafoglio di prodotti dovrebbe essere al centro dell’attività, coprire l’intera catena del valore e includere una misurazione degli impatt, siano essi in materia di sostenibilità ambientale o sociale.
A ogni modo, la circolarità non consiste solo nel migliorare la performance sulla base di queste misurazioni. È un modo di operare e, in quanto tale, deve diventare parte integrante della cultura aziendale: ciò significa lavorare con il dipartimento di Ricerca e Sviluppo per individuare eventuali possibilità in fatto di materiali; lavorare in sinergia con i reparti marketing e vendite per sperimentare nuove tecnologie; trasformare ogni design di prodotto in un eco-design e rendere la sostenibilità lo standard in tutta l’azienda, in ogni fase del processo di commercializzazione dei prodotti.
Progettazione sostenibile: integrare la sostenibilità in ogni scelta aziendale
Circolarità significa rendere i prodotti e i servizi sostenibili “ab origine“. Questo implica ripensare i modelli di business per integrare dimensioni di sostenibilità ambientale nell’eco-design, risultato che si può ottenere prendendo in considerazione l’intero ciclo di vita di un prodotto (inclusi i processi a monte, la fase di utilizzo e il fine vita) durante le fasi di sviluppo e di progettazione, evitando di spostare semplicemente l’impatto da una fase all’altra.
E non bisogna dimenticare il ruolo cruciale dei consumatori, di fatto partner essenziali nel realizzare la trasformazione sostenibile. Il mercato siamo noi e tutti possiamo contribuire al suo cambiamento.
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