Per far funzionare un modello circolare, i brand devono gestirlo come una priorità strategica, abbandonando l’idea di soluzioni rapide e mantenendo chiari riferimenti agli obiettivi e ai traguardi aziendali.
In sintesi:
- Per operare entro i planetary boundaries, le aziende del settore tessile e di abbigliamento dovranno allontanarsi da un approccio lineare e passare a un modello di business circolare.
- Sempre più aziende stanno abbracciando questa visione, ma solo un numero esiguo sta davvero generando risultati più sostenibili.
- Per rivelarsi efficaci, le strategie economiche circolari devono essere integrate in quelle commerciali e conservare il valore percepito di prodotti e servizi.
- Se queste vengono considerate solo come espedienti di marketing, i brand non saranno in grado di tener fede alle proprie promesse. I modelli di business circolari sono in grado di svincolare il fatturato dall’utilizzo di materiali vergini e altre risorse.
I modelli di economia circolare nell’industria tessile sono in forte espansione: un numero di aziende in costante aumento sta adottando programmi di ricondizionamento, noleggio, riciclo e riparazione (resale, rental, recycling and repair), nel tentativo di affrontare i molteplici impatti del settore e di riposizionarsi sul mercato come leader di sostenibilità. Eppure, solo una piccola parte di questi proclami si traduce effettivamente in risultati.
Il punto di rottura è rappresentato dal fatto che la maggior parte delle iniziative basate sulla circolarità viene gestita alla stregua di progetto speciale e non come una componente fondamentale dell’azienda. È un divario marcato, tanto quanto la differenza tra l’alta moda e il prêt-à-porter. La domanda, quindi, sorge spontanea: si tratta di retorica oppure c’è un’ambizione genuina?
Per far funzionare un modello circolare, i brand devono gestirlo come una priorità strategica, abbandonando l’idea di soluzioni rapide e mantenendo chiari riferimenti agli obiettivi e ai traguardi aziendali.
Quali i risultati di modelli di business circolare?
Nonostante il loro potenziale realmente all’avanguardia, la maggior parte dei modelli di business circolari esagera con promesse che poi di fatto non vengono mantenute riguardo ai benefici ambientali prodotti.
Quindi, dove sbagliano?
Scalabilità
Molti marchi stanno sperimentando sistemi di circolarità di piccole dimensioni e progetti-pilota, ma se vogliono renderli davvero efficaci devono intensificare gli sforzi.
Sicuramente tra gli ostacoli va citata la mancanza di infrastrutture e logistica necessarie a far fronte ai processi che favoriscono la circolarità (ad esempio la raccolta differenziata degli indumenti, il loro riciclo ecc.). Crearle è una sfida enorme e va ben al di là delle possibilità di una singola azienda. Serve quindi una collaborazione a livello settoriale per riprogettare il sistema a favore della sostenibilità. Intensificare le istanze normative potrebbe accelerare il processo ma, in ultima analisi, il principale ostacolo alla scalabilità dell’economia circolare sono le aziende stesse.
I brand non implementeranno tali soluzioni finché non ne vedranno il valore reale. L’approccio lineare attuale, di fatto, è molto redditizio. Il concetto di circolarità non è radicato nella realtà aziendale e pertanto diventa difficile investire negli enormi cambiamenti operativi necessari al suo effettivo funzionamento. I paradigmi circolari in contrasto con i modelli di business esistenti hanno scarse probabilità di successo e non saranno altro che manovre di marketing o, in sostanza, una delle tante forme del green-washing. È necessario un cambiamento verso l’approccio alla circolarità o un’evoluzione del modello di business nel suo complesso.
Uso di risorse vergini
Un modello efficace di business circolare che permette alle aziende tessili di raggiungere gli obiettivi “net zero” e che contribuisce a costruire un mondo a tutela dell’ambiente è uno in cui il fatturato viene slegato dai prodotti e dall’uso delle risorse. Questo schema impone alle imprese di rimodellare non solo i propri prodotti (cosa si offre e come lo si produce), ma anche le attività di marketing e le modalità di interazione con i consumatori.
Finora molti modelli di business emersi nel settore non riescono a realizzare questo obiettivo né i risultati ambientali che cercano di garantire. Ci sono quattro ragioni principali:
1. I brand non tengono in considerazione nei loro programmi una riduzione dei volumi di produzione
o non la integrano in modo consono nelle strategie di vendita. Di contro, misurano il successo di questi programmi basandosi sui volumi di vendita. I modelli di business circolari, tuttavia, impongono di concentrarsi sul tasso di sostituzione, che esprime la misura in cui l’acquisto di un prodotto usato o rigenerato può sostituire la domanda di mercato e la messa in produzione di un articolo di nuova fabbricazione.
2. I brand non stanno favorendo il necessario cambio di prospettiva dei consumatori.
Fin dalla metà del ventesimo secolo, la spinta consumistica è stata un principio fondamentale dell’industria globale della moda. Condizionati dai prezzi abbordabili, dal ritmo frenetico dei cicli della moda, dalle novità e dalla convenienza, i consumatori acquistano principalmente fast fashion. Finché le pratiche sostenibili saranno limitate a linee di prodotti di nicchia rivolte a una fascia di consumatori abbienti, la trasformazione del mercato di massa così assolutamente necessaria in questo settore non diventerà mai una realtà. Il mercato di massa deve essere rinnovato in maniera tale da esigere indumenti sostenibili e durevoli in quantità minori. È fuori discussione promuovere programmi di circolarità tramite incentivi che spingono al consumo (ad esempio incentivare questi programmi mediante sconti su nuovi prodotti).
Nel modello lineare tradizionale, l’unico touchpoint con i consumatori avviene durante la vendita del prodotto. I nuovi modelli possono offrire un flusso continuo di opportunità durante le quali interagire con i consumatori, costruendo fiducia e gettando le basi per vendite future.
3. I prodotti non sono pensati per la circolarità.
La maggior parte degli indumenti e delle calzature non sono progettati per essere riparati o riutilizzati e, anche quando lo sono, non esistono le infrastrutture necessarie che permettano alle aziende e ai consumatori di adottare davvero un modello circolare. Per far funzionare questo approccio, i brand devono inoltre gestire la circolarità e la sostenibilità del prodotto sfruttando un metodo di progettazione eco-compatibile che considera gli impatti ambientali dei prodotti nell’arco del loro intero ciclo di vita.
4. Le filiere attuali non sono ottimizzate per la circolarità.
Le catene di produzione sono state pensate appositamente per la produzione e la distribuzione lineari: sono altamente globalizzate, frammentate e hanno una struttura complessa. Ciò rende difficile assicurarne la trasparenza. Le aziende devono dunque rafforzare la trasparenza e la tracciabilità per garantire la circolarità, oltre a contribuire alla formazione di reti locali che agevolino questo tipo di servizi.
I brand sono motivati dalle ragioni sbagliate
I marchi sono spesso troppo concentrati sul bisogno di innovare piuttosto che sul fare semplicemente ciò che serve. E che purtroppo costa fatica. L’obiettivo non dovrebbe mai essere quello di creare un sistema circolare fine a se stesso, bensì cercare soluzioni e compiere azioni che minimizzino l’impatto ambientale e ottimizzino la creazione di valore sostenibile. Questo significa che non bisogna mai forzare i principi della circolarità entro un sistema pensato originariamente per l’economia lineare.
Invece di integrare iniziative in modelli di business esistenti, bisogna considerare l’intero ciclo di vita del prodotto, dalla fabbricazione al suo smaltimento. Il punto di partenza di quel ciclo di vita e tutte le altre fasi devono sostenere i risultati desiderati.
Un modello efficace di business circolare che permette alle aziende tessili di raggiungere gli obiettivi “net zero” e che contribuisce a costruire un mondo a tutela dell’ambiente è uno in cui il fatturato viene slegato dai prodotti e dall’uso delle risorse.
Progettare modelli di business circolare efficaci
Costruire paradigmi efficaci di fashion circolare è un delicato gioco di equilibri che impone alle aziende di adottare un approccio olistico. Non basta tenere in considerazione l’impatto ambientale, un modello di business circolare di successo deve anche:
- Contribuire ai flussi di entrate e al successo finanziario del brand
- Rafforzare il coinvolgimento dei consumatori
- Essere praticabile dal punto di vista operativo
A tal fine, le aziende devono innanzitutto capire dove è necessario intervenire e in che modo è possibile generare valore. Queste informazioni sono essenziali per individuare la soluzione migliore e per sviluppare un modello di business circolare che permetta di raggiungere risultati positivi, sia per l’ambiente che per l’attività stessa.
Ridurre al minimo gli hotspot ambientali
Per rappresentare un efficace strumento di trasformazione, i programmi di circolarità devono fare riferimento alla strategia di sostenibilità complessiva delle organizzazioni e considerare tutti i possibili impatti sull’ambiente, non solo quelli climatici ma anche quelli legati alle risorse idriche, alla biodiversità, all’inquinamento causato dalla plastica, all’uso e cambio d’uso del suolo etc. Se sviluppati al di fuori di un sistema, i programmi di circolarità possono far perdere opportunità o, ancor peggio, semplicemente operare un trasferimento dell’impatto non preventivato.
Per prima cosa, le aziende devono quindi valutare l’intera portata dei propri impatti ambientali (a livello aziendale e di prodotto) e sfruttare i risultati per individuare e rendere prioritari gli hotspot ambientali. Questo può fungere da punto di partenza per identificare gli scopi che i brand vogliono ottenere con le proprie strategie di circolarità e gli obiettivi da prefiggersi per raggiungerli.
A proposito di misurazioni, sono necessari nuovi metodi per dimostrare che i propri sistemi di circolarità producono benefici tangibili per l’ambiente. Non basta considerare l’impronta di carbonio. In teoria, potrebbe sembrare ovvio che un modello innovativo che allunga la vita di un capo d’abbigliamento stia al tempo stesso riducendo la sua impronta di carbonio. Ma per averne la certezza, bisogna anche misurare altri fattori come il trasporto e l’energia impiegata.
Ad oggi non è stato fatto ancora abbastanza per capire se gli elementi negativi di un progetto superino quelli positivi. Gli impatti della circolarità devono essere misurabili e integrati in una strategia complessiva e negli impegni di sostenibilità quali gli obiettivi dell’accordo di Parigi e i target science-based volti a salvaguardare l’ambiente.
Trovare nuovi metodi per generare valore
Le aziende esistono per generare profitto: non si può negare l’evidenza. I modelli circolari devono essere redditizi al pari di quelli lineari tradizionali; gran parte di questo processo dipende dalla scelta di un sistema che corrisponda alle ambizioni del marchio.
Se il programma di circolarità di un’azienda conserva il valore percepito dei prodotti e dei servizi offerti (che si tratti di convenienza, qualità, tendenza, sostenibilità o esclusività), questo ha più probabilità di avere successo in termini ambientali e finanziari. Aiutare i consumatori a esprimere i loro valori conservando la propria personalità e immagine di sé è una sfida che l’industria della moda è chiamata a risolvere con strategie mirate. Ci saranno sempre nuovi modi per offrire valore, poiché il valore è qualcosa che viene creato.
Per farlo, i brand devono considerare il valore che trasmettono ai consumatori e il modo in cui lo fanno, quindi usare questa informazione per individuare possibili strade da percorrere. Ad esempio, le aziende apprezzate per la performance potrebbero prendere in considerazione servizi di riparazione, rinnovo e manutenzione per far sì che gli indumenti e gli accessori possano durare più a lungo. Quelle amate per i prezzi bassi e i capi all’ultima moda potrebbero orientarsi verso soluzioni come il noleggio o la rivendita, che rispondono ad abitudini di possesso dei capi più transitorie e possono offrire ai marchi un modo di ottimizzare l’utilizzo senza sovraprodurre per soddisfare la domanda del mercato.
Solo attuando nuove soluzioni capaci di generare valore i brand riusciranno a contribuire a un reale cambiamento.
A sostegno di questi sforzi, i consumatori devono essere premiati così da essere spinti ad acquistare in seno a modelli di business circolari, anziché ripiegare per quelli lineari. Ciò si traduce nell’utilizzo di tattiche che li spingano a prolungare l’utilizzo degli indumenti, come la creazione esclusiva di capi per gli utenti della piattaforma di noleggio del brand o consentendo agli utenti delle piattaforme peer-to-peer lo scambio di prodotti oltre alla loro vendita.
Ottimizzare la (ri)circolarità
Per far funzionare il concetto di circolarità, i marchi di moda devono innanzitutto privilegiare la creazione di indumenti più durevoli e pensati per il riutilizzo. L’impiego di materiali di alta qualità e l’uso di tecniche di cucitura robuste a rinforzo di aree soggette a usura possono contribuire notevolmente alla sperimentazione di capi adatti a questo nuovo concetto.
Inoltre, quando possibile, i marchi tessili devono tenere conto di un design modulare e versatile che si fonda su componenti intercambiabili, standard o removibili. In tal modo non solo si semplificherà il rinnovo per la circolarità, ma i consumatori potranno inoltre riparare con più facilità i propri indumenti per prolungarne l’utilizzo. E questo può anche andare a vantaggio della reputazione stessa del marchio.
Ovviamente, usare materiali riciclabili è l’obiettivo più semplice. Preferire i monomateriali o materiali che evitano miscele complesse, così da essere facilmente differenziabili alla fine del loro ciclo di vita, favorirà di conseguenza la loro circolazione evitando che finiscano in discarica. Le aziende devono anche adoperarsi per ridurre al minimo finiture e chiusure che possono complicare in seguito il processo di riciclo.
Un fattore chiave per l’affermazione di modelli di circolarità, a conti fatti, risiede in un’attenta valutazione dell’ideazione e della realizzazione di prodotti. Ma senza il coinvolgimento attivo del consumatore, anche l’indumento più robusto potrebbe finire in una discarica. I textile brand devono educare il consumatore sugli acquisti e informarlo sul potenziale dei prodotti per un futuro sostenibile.
Rispettare le normative
Sono in arrivo nuove normative, in particolare nell’Unione Europea, dove si sta discutendo un piano obbligatorio di responsabilità estesa del produttore per il settore tessile, pensato appositamente per contrastare gli eccessi del fast fashion.
Le aziende di moda devono accettare il fatto che presto entreranno in vigore queste nuove norme. Anzi, è opportuno che riescano ad anticiparle o prepararsi al loro arrivo: più rimandano il momento, più sarà costoso adeguarvisi.
Per quanto le normative possano sembrare controintuitive, hanno lo scopo preciso di livellare il campo di gioco eliminando le sfide del vantaggio competitivo e assicurando una solida base per l’innovazione. Le aziende hanno la possibilità di plasmarle partecipando proattivamente alla discussione.
Evolversi
Le prassi adottate dall’industria e il modo in cui essa genera valore sono profondamente legate alla sua individualità specifica. Ciò nonostante, l’intero settore sta andando incontro a una vera e propria crisi d’identità. L’industria della moda deve rinnovarsi.
A meno che le aziende del settore non abbandonino il paradigma lineare ormai fuori moda e trovino un altro modo per generare valore, si ritroveranno impreparate e senza i mezzi adeguati ad affrontare la prossima ondata di normative a favore della sostenibilità.
Il settore deve dunque accettare che non è più praticabile il concetto del “male minore”. Le aziende devono continuare a scalare nuovi modelli di business, a innovare e perseguire ciò che è giusto e necessario ovunque ciò sia possibile. Non esistono strategie perfette o indolori: bisogna orientarsi verso soluzioni concrete e fattibili.
Il pianeta non può più permettersi il lusso di aspettare.
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