I marchi di moda sono chiamati a raddoppiare i propri sforzi in termini di innovazione per garantire un futuro prospero.
In breve:
- L’industria della moda fatica a procedere oltre la fase “pilota” rispetto ai materiali innovativi e a basso impatto, fondamentali invece per prepararsi alle esigenze future e raggiungere gli obiettivi di sostenibilità.
- Le nuove normative mirate alla riduzione dell’impatto ambientale delle materie prime stanno spingendo i Brand ad adottare materiali alternativi a basse emissioni di carbonio.
- Investimenti strategici in materiali innovativi possono fornire vantaggi finanziari significativi e aiutare le imprese a ridurre i rischi associati all’impiego di materie prime tradizionali.
- Una comunicazione e una collaborazione efficaci con le start-up, così come solide valutazioni ambientali e pianificazione strategica sono fondamentali per integrare con successo i materiali responsabili nei prodotti di moda.
L’industria della moda è nota per la sua creatività. Tuttavia, quando si parla di trovare soluzioni innovative per far fronte alla crisi ambientale, i marchi sembrano bloccati nella fase sperimentale. I materiali alternativi a basso impatto stanno guadagnando terreno in risposta agli appelli alla sostenibilità lanciati dall’industria, ma non alla velocità o al livello di cui il pianeta ha bisogno.
E questo non significa che manchino le buone intenzioni. Le aziende hanno reagito con sgomento alla recente notizia che uno degli innovatori più promettenti nel campo dei materiali aveva dichiarato bancarotta. Questo colpo inferto allo slancio innovativo del settore solleva la seguente domanda: i materiali innovativi – e gli innovatori, e le start-up alle loro spalle – sono davvero una scommessa su cui l’industria dovrebbe puntare?
La risposta è un deciso “sì”. Anziché tirarsi indietro, i marchi di moda dovrebbero raddoppiare gli sforzi di innovazione in prospettiva future-oriented. Lo sviluppo e la domanda di materie prime a basso impatto rispetto a quelle vergini convenzionali è un’area specifica a cui dare priorità. E non solo perché le scarpe di “pelle” ricavata dai funghi o i maglioni realizzati con fibre coltivate in laboratorio sono en vogue in passerella, ma perché il sostentamento del settore – e del nostro pianeta – dipende dal tagliare i ponti con il “business as usual”.
Il materializzarsi dei rischi si traduce in opportunità di innovazione dei materiali
I decisori politici, propensi a utilizzare la regolamentazione per ridurre l’impatto ambientale dell’industria, prestano attenzione al mondo della moda. Nel corso dei prossimi quattro anni verranno introdotti più di 35 nuovi testi legislativi in tutto il mondo, tra cui restrizioni all’importazione di capi di abbigliamento che si potrebbero alimentare la crisi climatica, linee guida per il design dei prodotti e nuovi requisiti di etichettatura. Gran parte di questa attenzione normativa riguarderà le materie prime, poiché queste ultime possono rappresentare fino a due terzi dell’impatto climatico di un Brand.1
E mentre le aziende si preparano a soddisfare le normative future e ad abbracciare la sostenibilità, i materiali innovativi di ultima generazione emergono come un promettente tassello del puzzle. L’utilizzo di materiali circolari, riciclati , a base biologica o con minore impronta di carbonio può ridurre in modo significativo l’impatto ambientale di un marchio della moda e supportare quell’85% dei Brand che hanno reso pubblici i propri obiettivi di decarbonizzazione.2
L’abbandono graduale dei materiali convenzionali può essere anche un’abile mossa commerciale. Secondo l’ultima analisi di BCG, Textile Exchange e Quantis, i marchi che intervengono subito per garantirsi un approvvigionamento di materie prime alternative a basso contenuto di carbonio saranno in grado di ottenere un aumento medio dei profitti del 6% dopo cinque anni. Inoltre, il modello suggerisce che un Brand di moda che fattura oltre un miliardo di dollari all’anno ha il potenziale di sfruttare un’opportunità cumulativa di circa 100 milioni di dollari nell’arco di cinque anni. Queste normative potrebbero al contrario mettere a rischio l’8% dell’utile operativo per i marchi che non adeguano il proprio portafoglio di materie prime.
La crisi ambientale, che sta rapidamente accelerando i cambiamenti nei nostri ecosistemi, nelle condizioni di coltivazione e nella qualità dei raccolti, continua a mettere a rischio la disponibilità, l’accessibilità e il prezzo delle materie prime convenzionali. Sono sempre più numerosi i marchi di moda che riconoscono la necessità di agire rapidamente e molti hanno già iniziato a esplorare il mondo dell’innovazione dei materiali.
Tuttavia, esistono diversi esempi di grandi marchi di moda che hanno intrapreso il grande passo, investendo e aiutando a far crescere start-up innovative, per poi incontrare notevoli ostacoli economici e logistici, troppo grandi per essere superati. Orientarsi nel mercato e valutare le potenziali alternative può essere un campo minato, perciò non sorprende che i progressi reali abbiano lasciato il posto a un ciclo infinito di programmi pilota che difficilmente vengono messi in atto. Ma i Brand possono cambiare la situazione? E in che modo?
Senza una solida strategia, anche le partnership più promettenti e i progetti pilota sostenuti dalle migliori intenzioni possono andare in frantumi. Puntare tutto sull’innovazione per sostenere la creazione dei materiali del futuro significa andare oltre il semplice sviluppo di una piccola collezione di capi di abbigliamento in grado di attirare i consumatori attenti alle tematiche ambientali. Occorre un impegno strategico per spingersi oltre, superare la fase sperimentale e garantire la sicurezza dell’approvvigionamento nella misura necessaria a soddisfare tutti gli impegni presi e gli obblighi nei confronti del pianeta.
Creare un ecosistema per l’innovazione
L’innovazione progredisce rapidamente, perciò i Brand devono agire con decisione, assicurandosi al tempo stesso di poter contare sulle giuste competenze. È facile rimanere colpiti dalle start-up dell’innovazione quando espongono le proprie soluzioni. Occorre, tuttavia, pragmatismo nel decidere quale percorso intraprendere rispetto ai materiali alternativi. Nel vagliare il loro potenziale, è sbagliato tralasciare l’aspetto relativo alla valutazione ambientale. Un’affidabile analisi dei dati e solide basi scientifiche dovrebbero definire la strategia da adottare e aiutare a sviluppare un approccio che abbia senso per un’azienda e il suo portafoglio di prodotti.
È bene iniziare selezionando strategicamente l’area di interesse in cui i materiali innovativi possono realmente aggiungere valore e fare la differenza nel lungo periodo. In questo contesto, è importante effettuare valutazioni ambientali in modo sia dinamico che ripetuto per ottenere un miglioramento continuo all’interno del processo di ricerca e sviluppo. Nelle prime fasi dello screening, occorre accertarsi di disporre di un numero sufficiente di dati validi su cui basare le proprie decisioni e tenere conto del fatto che i materiali potrebbero evidenziare scarse prestazioni nelle prime valutazioni ambientali. Le economie di scala potrebbero risolvere questo problema in un secondo momento, pertanto è bene fare le dovute considerazioni. Dopo che le valutazioni di screening avranno fornito un primo orientamento al Brand e al fornitore, analisi più approfondite potranno aiutare a eliminare eventuali hotspot, quali eventuali burden-shifting lungo la catena del valore.
Vista la ricchezza di soluzioni interessanti e potenzialmente rivoluzionarie in un mercato sempre più affollato di materie prime alternative, i marchi di moda devono effettuare tutti gli opportuni accertamenti. Ad esempio, prima di procedere è bene assicurarsi che la start-up con cui si collabora abbia un modello di business solido e una buona capacità di crescita. Per essere praticabile, il modello commerciale dell’innovatore deve essere al servizio dei Brand. Detto questo, i marchi devono anche essere disposti ad assumersi parte del rischio attraverso accordi vincolanti in termini di volumi e acquisti. È auspicabile che il percorso di innovazione sia veramente collaborativo; poiché saranno necessari investimenti in nuove tecnologie, i marchi di moda dovrebbero essere disposti a investire e diventare partner della catena di fornitura.
È, infine, altrettanto importante garantire una cauta gestione delle aspettative. I nuovi materiali potrebbero non offrire le stesse prestazioni e le medesime qualità dei materiali convenzionali, quindi, è fondamentale essere aperti e pazienti. Potrebbe, infatti, essere necessario continuare a investire in ulteriori test, nella direzione del miglioramento continuo.
Comunicare con attenzione e parlare con chiarezza
Comunicare in modo efficace il proprio percorso di innovazione è importante quasi quanto il viaggio stesso. Come per qualsiasi attività di ricerca e sviluppo in rapida evoluzione, il coinvolgimento di start-up e innovatori può essere complesso. All’inizio, i dati disponibili potrebbero essere limitati e il raggiungimento di un’economia di scala richiedere del tempo. Tenere aggiornati i propri stakeholder con resoconti trasparenti, precisi e intenzionali sarà quindi un must. I materiali alternativi potrebbero non produrre risultati immediati in termini di impatto ambientale, quindi è molto importante che le comunicazioni siano accurate e tengano conto non solo del potenziale positivo e scalabile dei materiali, ma anche dei limiti di ciò che si può ottenere, rispetto alla variabile tempo.
L’entusiasmo per il potenziale dei materiali alternativi non dovrebbe mai cedere al greenwashing o all’esagerata enfatizzazione della sostenibilità nelle dichiarazioni di prodotto. È bene parlare del vantaggio reale e quantificabile del materiale, evitando di promuoverlo come “green” o “eco-compatibile” solo per stimolare la domanda dei consumatori. I marchi devono assicurarsi il miglior supporto sul punto, per garantire compliance normativa e successo reputazionale.
Non bisogna farsi scoraggiare: ora più che mai c’è bisogno di innovazione nell’industria della moda
La diffusa transizione verso materiali a basso impatto ha il potenziale per cambiare le carte in tavola nel campo della moda. La difficoltà nel trovare i partner giusti per risolvere il rompicapo domanda-offerta non dovrebbe essere un fattore deterrente nell’abbracciare l’innovazione. Infatti, come conferma l’analisi di mercato di BCG e Quantis, il vantaggio per i first mover nel campo delle materie prime è significativo, poiché si prevede che solo il 19% dei materiali sarà a basso impatto nel 2030.
Nel tracciare una solida linea strategica per gli investimenti in innovazione, si avrà modo di guardare con chiarezza e sicurezza al futuro prossimo (piuttosto che concentrarsi sui ritorni immediati), raggiungendo così vantaggi in termini di efficienza e scalabilità e riducendo in maniera decisiva e per sempre l’impronta ambientale della moda.
Adottando un approccio pragmatico e scientifico ai materiali, integrando i materiali di ultima generazione solo dove aggiungono realmente valore, vagliando attentamente gli innovatori e le loro soluzioni, assumendosi rischi e comunicando con attenzione, i marchi possono risolvere l’enigma dell’innovazione e accelerare la trasformazione sostenibile.
1 Analisi Quantis – impatti da Tier4 a Tier2 nella Corporate Footprint di brand del fashion.
2 Analisi BCG basata su 36 realtà fashion e Brand, che rappresentano oltre il 10% dei ricavi del settore.
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