Colmare il gap delle materie sostenibili porterebbe le aziende del comparto a un aumento medio del profitto del 6% netto, secondo il nuovo studio di BCG, Textile Exchange e Quantis.
MILANO, 20 febbraio 2024 – Nei prossimi 4 anni entreranno in vigore oltre 35 nuove norme per il comparto fashion in tutto il mondo legate alla sostenibilità, che punteranno, tra le altre cose, a limitare le importazioni di prodotti, creare delle linee guida per il design dei prodotti e stabilire i requisiti per l’etichettatura. Il settore ha quindi accelerato il passo verso la sostenibilità, e oltre l’85% dei brand leader di vendite hanno dichiarato pubblicamente obiettivi di decarbonizzazione per le proprie supply chain.
In questo contesto, come illustra l’ultimo studio di Boston Consulting Group (BCG), in collaborazione con Textile Exchange e Quantis dal titolo “Sustainable Raw Materials Will Drive Profitability for Fashion and Apparel Brands”, le materie prime hanno un ruolo fondamentale poiché costituiscono fino a due terzi dell’impatto climatico di un marchio di moda. Assicurare alle aziende l’accesso a materiali sostenibili è urgente, tuttavia, la domanda di materie prime a basso impatto climatico (definite per questo “preferibili”) potrebbe superare l’offerta fino a 133 milioni di tonnellate entro il 2030, pari a più di sei volte la produzione indiana di questi materiali nel 2021.
“Le aziende del settore affrontano oggi una doppia sfida: raddoppiare gli sforzi per ridurre le emissioni di carbonio e, allo stesso tempo, riuscire ad adattarsi velocemente alle normative in arrivo”, ha dichiarato Guia Ricci, Managing Director e Partner di BCG. “Il successo su entrambi i fronti richiede una strategia strutturata che non solo prenda in considerazione la necessità di materie prime sostenibili, ma che sia in grado di garantirne la fornitura per il futuro.”
La prima necessità da affrontare riguarda la capacità di aumentare significativamente la quota di materie prime “preferibili” all’interno del proprio portafoglio. Nel modello di analisi proposto nello studio, farlo potrebbe portare ad un aumento del profitto netto del 6% su un periodo di cinque anni. Ad esempio, un marchio di moda con 1 miliardo di dollari di entrate annuali, ha il potenziale per sfruttare un’opportunità cumulativa di circa 100 milioni di dollari in cinque anni.
Aumentano le norme per la sostenibilità…
Le regolamentazioni che saranno definite nei prossimi anni hanno una portata senza precedenti per l’industria dell’abbigliamento e potrebbero pertanto generare qualche difficoltà di assestamento. Prendendo ad esempio l’emblematico UK Modern Slavery Act del 2015, il report mostra infatti che, ad oggi, solo il 15% dei marchi di lusso presi in analisi è conforme a tutte le sue linee guida.
Non adeguarsi alla normativa vigente rappresenta una vera minaccia per le aziende e i loro profitti, poiché i prodotti potrebbero non accedere ai mercati finché non soddisfano i requisiti previsti, compresi quelli sull’etichettatura, mettendo a rischio fino all’8% dell’EBIT generato.
… Ma il gap dei materiali resta
Nonostante il crescente numero di impegni e obiettivi di decarbonizzazione in tutta l’industria della moda, questa non ha ancora mandato un segnale forte ai fornitori sul crescente uso di materia prime “preferibili”, con il conseguente disallineamento con produttori di materie prime e agricoltori, i quali non si sentono ancora pronti ad assumersi i rischi legati ad un aumento dell’offerta di materiali sostenibili. Il rapporto stima, infatti, che nel 2030 solo il 19% dei materiali prodotti sarà sostenibile, data l’attuale mancanza di economie di scala.
È utile, inoltre, non dimenticare che la catena del valore nel comparto del fashion è lunga e complessa. Si pensi ad esempio al viaggio di un filato, che attraversa molteplici fasi di lavorazione (tintura, tessitura, taglio, cucito, confezionamento, distribuzione), tutte assegnate a diversi attori della value chain situati in Paesi diversi. Ogni fase ha specifici impatti ambientali, in termini di utilizzo di processi energivori, di consumo di acqua e suolo, di impiego di sostanze chimiche, e ciascuno di questi impatti deve essere rendicontato nello Scope 3 nel processo di decarbonizzazione. Giocoforza, per gli impegni di sostenibilità presi attraverso framework globali si tratta di un valore molto rilevante, nonché più difficile da abbattere. Ad esempio, pensando alla Science Based Target Initiative (SBTi), per essere in linea con i criteri, le aziende devono fissare obiettivi di riduzione che coprano almeno il 67% delle emissioni totali di Scope 3, poiché tali emissioni rappresentano oltre il 40% dell’impronta totale delle realtà che producono abbigliamento.
“Sempre più Chief Sustainability Officer della moda italiana si stanno muovendo per incentivare l’efficientamento energetico dei propri fornitori diretti, attivando progetti dedicati per supportarli nella raccolta dati e nel calcolo di obiettivi di riduzione delle emissioni.” Spiega Luca Mosca, Fashion & Sporting Goods Lead di Quantis in Italia. “Questa necessità è una delle ragioni per cui sempre più brand del lusso fanno scelte di integrazione verticale, portando realtà leader italiane a porsi come conglomerati di expertise dell’eccellenza manifatturiera nazionale. Per le maison si tratta dell’opportunità di lavorare con filiere più vicine, dal punto di vista geografico e non solo.”
Il migliorato impatto in termini di emissioni non è l’unico aspetto positivo di tali scelte, che portano vantaggi reciproci per aziende e fornitori, nonché a livello di sistema Paese. Per i fornitori si traducono in nuove risorse su cui fare leva per l’innovazione, la digitalizzazione e la sostenibilità, mentre per i brand l’integrazione verticale è chiave per garantire la conservazione di competenze di alto livello nel perimetro aziendale. Infine, il miglioramento della trasparenza e della tracciabilità della catena di fornitura consente alle aziende di identificare e mitigare in modo più efficace i rischi legati alla sostenibilità sociale, tema di importanza critica per il cliente finale e la industry tutta.
Il manifesto dei materiali
Il rapporto delinea sei principi da cui partire per creare una solida strategia di materiali:
- Sviluppare una tracciabilità completa per ridurre i rischi delle supply chain e comprendere pienamente l’impatto di ogni materiale.
- Utilizzare un approccio scientifico per rafforzare il processo decisionale e soddisfare gli stakeholder.
- Diversificare il portafoglio di materiali per distribuire i rischi e rendere le operazioni più resilienti.
- Costruire un business case che porti a una triplice vittoria: per le aziende, per i fornitori e per la natura.
- Rafforzare i rapporti con i fornitori lungo la filiera.
- Assicurarsi che le conoscenze, gli strumenti e gli incentivi siano condivisi in tutta l’azienda.
La crisi climatica, così come il contesto politico e normativo, gli investitori e i consumatori, richiamano le aziende di moda ad agire con coraggio e investire in strategie sia per l’approvvigionamento di materie prime, che nelle relazioni con l’intera filiera, per procedere in modo deciso verso gli obiettivi climatici del 2030, una scadenza fondamentale e ormai quasi dietro l’angolo.
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Boston Consulting Group (BCG), nata nel 1963, è oggi leader della consulenza strategica, con più di 90 uffici in 50 paesi e 22.000 professionisti. BCG è al fianco dei clienti in diversi settori e geografie per identificare insieme le opportunità a maggior valore aggiunto, affrontare le sfide critiche e aiutarli nella trasformazione del business. Presente nel nostro Paese da oltre trent’anni, BCG Italia opera attraverso i due uffici di Milano e Roma ed è alla guida del Sistema EMC.
Quantis è una società di consulenza leader nel campo della sostenibilità ambientale che, con un approccio pionieristico e di stampo scientifico, supporta le aziende nell’affrontare e ridurre il loro impatto sull’ambiente. Con sedi in Francia, Germania, Stati Uniti e Svizzera, dal 2019 Quantis è ufficialmente attiva in Italia dove vanta una vasta e diversificata gamma di servizi che le consente di affiancare le società clienti, in particolare nei settori FMCG e finanziario, per supportarle nella riduzione degli impatti, nell’implementare con successo percorsi di cambiamento e per operare entro i limiti del pianeta.
Per maggiori informazioni: www.quantis.com
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